TESTI CRITICI








SOGNO 2015
Trittico composto da stampe ai sali d'artgento.
Triptych composed of silver gelatin prints.
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SILHOUETTE

In ognuno vivono due opposti e, a volte, il lato più nascosto ed emarginato, quando vuole uscire allo scoperto, sceglie il lavoro come banco di prova. Da qui la fatica del lavoro, ma anche la crescita, l’evoluzione, la rivincita. Se poi il nostro lavoro è l’arte, allora la sofferenza aumenta e la crescita diviene metamorfosi. Il processo non è pacifico e coinvolge il nostro rapporto con gli altri, con il mondo.
Da questa lotta nascono le fotografie di Manuela.
Guardatela! In perenne stato di agitazione, tesa tra movimenti a volte contrapposti, mossa da tempi che non appartengono all’orologio. Pensa una cosa e la deve fare nonostante gli spazi, i tempi e pure se stessa la costringano a rallentare la corsa.
Guardate le sue fotografie! Perfettamente razionali, partono sempre da un progetto preciso. Non, attenzione, un progetto tecnico, ma un progetto di contenuti, di cose da dire. La tecnica viene dopo, per trasformare un concetto in oggetto.
In questo percorso entrano inevitabilmente in gioco le questioni fondamentali, prima fra tutte il rapporto tra la luce e l’ombra. Da questo rapporto nasce la forma: a volte è solo una silhouette (la sintesi estrema), altre volte si arricchisce di mezzitoni e si adatta a descrivere il soggetto e il suo ambiente.  Ecco allora che nello sguardo viene convogliata tutta la tensione del corpo del soggetto. Sguardo attira sguardo: il negativo del fotografo attrae il positivo del soggetto. Fotomagnetismo!
Spesso Manuela procede per parti, per frammenti. La totalità non è nel vedere, che è parziale, ma nella concezione (la mente), nell’emozione (il cuore), nell’essere (l’anima).
Così Manuela risolve l’inadeguatezza della fotografia che per parlare dell’universale è costretta a rappresentare la superficie delle cose e per conoscere una persona può vedere solo la sua pelle.
E’ l’interesse per l’uomo che spinge Manuela a fotografare gli artisti con i quali condivide la fatica della ricerca e della creazione. Ad ognuno la sua luce, ad ognuno il tempo per manifestare il proprio essere. Foto fatte con la calma e la velocità del pensiero.
Nel continuo cercare se stessi negli altri si concretizza il ruolo della fotografia come appropriazione e rivelazione.  Ecco il senso di queste immagini: l’emozione che suscitano in noi è nella verità e nella profondità del rapporto che le ha generate.

Riccardo Pieroni, 2005

 














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INFINITI SGUARDI DELL'UOMO

La vista illuminata dal pensiero diventa sguardo. E gli sguardi sono infiniti quanti sono i modi di osservare e di percorrere con lo sguardo strade reali a fantastiche, psicologiche, lunghe o corte.
Lo sguardo dell'uomo non viene dalle pupille ma da quello che ha già visto nei cicli epocali, dai primordi senza tempo all'epoca amniotica. 
La giovane artista romana ha selezionato una serie di ritratti che costituiscono da soli le basi visive di una proiezione originale dello sguardo.
Gli anziani indiani hanno uno sguardo posato su candidi obiettivi tribali.
La fanciulla cerca sè stessa quasi in un riflesso lunare come in un film di Flaeherty.
Un volto messicano esce dal buio per mettersi una maschera di luce come visione etica. Una donna vede nel sogno ed un giovane aguzza la vista per vedere avanti emblematicamente il proprio destino.
La "macchina di Manu" è come un occhio che si aggiunge a questi sguardi, un occhio che guarda come si guarda, di infiniti modi di vedere, guardare, scrutare, osservare, e soprattutto immaginare.

Vito Riviello - Roma 2005.
















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 CAMERA 24

Un libro fotografico "under 40" che raccoglie espressioni estetiche,
frammenti autobiografici di " autori" , artisti d'arti visive,
danzatrici, attori di prosa e poesia, poeti, attori del sogno e
musicisti, registi ,prosatori......
Un' antologia che l'autrice, giovane fotografa di fermo e penetrante
mirino, romana, ha allestito con spirito indomito di ricerca estetica
e psicologica per l' Onix Edizioni di Roma. Il libro del "Doppio"
nell'arte fotografica è firmato da Manuela Verdi.
L' autrice ha invitato i "prescelti" a farsi ritrarre in una postura
da essi gradita e ha scattato una seconda foto di propria creatività
interpretativa. Se nella foto autogestita viene fuori un certo "estro"
rappresentativo dell'artista selezionato, in quella "studiata" da
Manuela Verdi si ritrovano le trame d'una conoscenza psicologica
originale.
Introducendo il "Doppio" nel campo fotografico Manuela soggettivizza
il confronto, si misura con l'artista prescelto fino al risultato
estremo d'identificazione.
Il ritratto analizzato lentamente rileva dati su dati una personalità
assolutamente inedita rispetto a quella proposta dal soggetto o
soltanto ipotizzata dal lettore.
Manuela Verdi, oltre alla sua grande capacità tecnica, rivela doti
eccezionali di rilevamenti profondi, rimozionali della personalità del
giovane autore.
Si ricava da ciascuno dei dodici "antologizzati" delle qualità
insospettate che tuttavia fanno parte delle principali componenti del
carattere creativo dell'artista.
Allora "Camera 24" si presenta non solo come una ineccepibile guida
illustrativa dell'arte del soggetto, ma una "tessera" esaustiva di
connubi dialettici che fanno di quella persona un elemento umano
"spiegato" e direi spogliato totalmente, dentro e fuori, dinnanzi a
uno specchio: Se stesso.
In parole povere, due foto di persona contrapposte  che realizzano due
aspetti contrastanti, ma unitari.
Un' immagine che non si pone come esempio di contrasto relativo o
assoluto ma di significato totaleggiante, un "Uno, Nessuno, Centomila"
pirandelliano più che un relativo doppio etico - estetico alla Artaud.
Siamo una sola natura che ha un desiderio escatologico ma che ora non
può che ammettere le profetiche parole di Geremia: "Il mondo è immenso
e il cuore dell'uomo un abisso".
Non voglio addossarle un peso così enorme alla giovane Manuela, però
devo ammettere che il suo compito è stato rilevante e complesso.
Le visioni che diamo di noi dinnazi allo specchio della vita sono
indefinite e sempre danno alla luce forme dicotomiche
sorprendentemente evolutive.
Merito dei singoli artisti chiamati a raccolta da Manuela Verdi, che
pur non avendo superato i quarant'anni d'età vibrano riflessi mobili e
cangianti sulla superficie speculare tesa dall'artista trentenne,
desiderosa quanto i dodici di partecipare  ai disvelamenti della loro
notevole personalità artistica.
Con Camera 24 nasce un "collettivo" esponenziale d'una generazione
ancora in fieri, i cui membri sono assemblati da una volontà tutta
contemporanea di essere e apparire.

L'intuizione fervida di Manuela Verdi è stata quella di avvertire la
loro "maturità" intenzionale e soprattutto la propria sensibilità
estetica nell'averli insiemizzati nelle singole ed autonome diversità.

Roma settembre 2006
Vito Riviello










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UN DOCUMENTO DEL NOSTRO TEMPO

E' naturale che nella foto di Manuela Verdi la luce solare sui due
protagonisti abbia disegnato le loro ombre . E già questo mette in
relazione i due soggetti, la coppia e la loro ombra. Ma le due persone
appaiono in movimento, mentre l'ombra appare ferma. Fissa. E questo
crea una tensione carica di significati, dei quali l'artista forse non
è del tutto consapevole. La fissità dell'ombra è la registrazione di
un attimo nella sua a - dinamicità. L'ombra, a sua volta effimera, in
questo caso ci parla del passato. E' quello che è stato, non ci puoi
fare niente per mutarlo, non puoi tornare indietro. Invece le due
figure in movimento ci parlano del presente in evoluzione, e quindi
forse del futuro. Il loro movimento li rende irriconoscibili, sappiamo
solo che sono un uomo e una donna. Potrebbero essere in relazione,
proprio perchè i due sessi si attraggono. Ma questo loro incrociarsi
in direzione opposta, nell'indifferenza reciproca, dice che la
relazione non c'è. E nulla ci suggerisce che ci sarà in futuro. Anzi:
la scena rappresenta un futuro che non ci sarà. Una speranza, che non
ci sarà.
Sotto questo profilo l'opera è un documento del nostro tempo. Il tempo
dell'incomunicabilità è stata ampiamente coltivato dalle arti. Oggi la
giovane autrice, lo ripropone in una chiave particolare, che è quella
dell'oggi. Lo ripropone nel contesto di una società che ha smarrito
certezze, speranze e orizzonti. E quindi si carica di una potenza
tragica, nella denuncia di rapporti umani logorati, fino alla
dissoluzione, dall'assenza di prospettive, dall'impossibilità di
progettarsi una vita. Quindi, stabilire una relazione. E' un grido di
dolore. Una richiesta d'aiuto.
La tragedia si consuma immersa in una natura lussureggiante. Il
paesaggio che fa da sfondo offre un gratificante equilibrio di bianco
e nero, consolanti giochi di luce nella boscaglia. Luce solare e
pellicola raggiungono risultati per i quali si sono affannati tanti
grandi artisti con il loro bulino sulla lastra di rame
dell'acquaforte. L'immagine di quegli arbusti ci dona un respiro di
sollievo. Ma non vale rifugiarsi nella natura. E' tra noi che dobbiamo
risolvere il problema.

Raul Wittenberg, 3 dicembre 2013


SEXTO SENTIDO

Manuela Verdi usa la ripresa fotografica con il senso del dramma che
appartiene alla cinematografia, con una particolare attenzione alle
armonie che il corpo stesso può offrire. Si tratta di "canoni" che
vanno oltre la semplice posa e diventano attitudine emblematica di
stati dell'anima: l'abbandono, l'offerta, l'identificazione e lo
scambio di monocromo che concentra tutte le sensazioni .


Gianluca Tedaldi - Roma 2013














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Trastevere Art Festival 2011

Manuela Verdi, fotografa romana, nel corso degli anni ha maturato grande professionalità, grazie alle innumerevoli esperienze lavorative soprattutto in ambito editoriale, artistico e teatrale; inoltre ha esposto in varie mostre personali riscuotendo un ampio consenso di critica e pubblico. Le sue fotografie, costituiter da frammenti che racchiudono l'essenza dell'uomo e per l'uomo vengono eseguite, prediligono la forma che si presenta sia come silohuette che come un soggetto inserito nel suo ambiente. Nell'opera "Rinvii di Ninfee", l'artista propone l'intramontabile ed inconfondibile tema delle ninfee, fiori acquatici di monettiana memoria, fotografati nel loro contesto naturalistico. Grazie alla tecnica utilizzata, l'opera sembra quasi un dipinto, in cui il vibrare dei riflessi argentei dell'acqua diventa il soggetto a cui le ninfee fanno da contorno. 
L'arte di Manuela si indentifica nella citazione di Henri Cartier Bresson: "il ritratto non è un'attitudine sistematica; quelle che io posso descrivere come regole sono esclusivamente le mie regole, gli strumenti di cui mi servo per fare con gioia quello che faccio".